“Yes, Virginia, there is a Santa Claus”. Tradotto: “Sì Virginia, Babbo Natale esiste”.
Così titolava il New York Sun nel 1897, in risposta alla lettera di una bambina (Virginia, appunto) che aveva chiesto al direttore del giornale di sciogliere i suoi dubbi sull’esistenza di Babbo Natale, ingenerati ingenerosamente dalle frasi, smaliziate e traditrici, di parenti, amici, adulti.
Anche se non si vede, Babbo Natale esiste, diceva l’articolo in risposta a Virginia. Un po’ come esistono le fate che nessuno ha mai visto ballare in giardino, nelle notti di luna, ma che non possono non esistere con il loro carico di poteri, magie, pozioni, storie. Un po’ come esistono – senza l’evidenza di prove concrete e scientifiche, buone per mani e occhi scettici – l’amore, la gioia, la generosità, la poesia, il romanticismo, la fiducia e la devozione.
Non conoscevo questa storia. L’ho letta qui. Eppure quella frase, dedicandola a me stessa, vado ripetendola da un po’ di tempo, in questo periodo dell’anno: “Sì, Marinella, Babbo Natale esiste”.
E me lo ripeto perché… ci credo.
Sì, credo al Natale e alla sua magia, al suo potere, alla sua poesia. E al suo “uomo-simbolo”.
E ci credo perché è assurdo, come sosteneva un filosofo antico. Ci credo perché “l’essenziale è invisibile agli occhi”, come invece recita Il Piccolo Principe: ci credo proprio perché non l’ho mai visto, questo vegliardo incanutito e di rosso vestito.
Ci credo perché ho ancora gli occhi della prima volta, di quand’ero bambina. E vedevo “cose” che esistevano solo nel mio modo di guardare (e pensare, immaginare, fantasticare). Ho la fortuna di fare, per amore, un lavoro che ancora mi permettere di conservare quello sguardo.
Ho la fortuna di avere un po’ di spirito magico e creativo a scorrermi nelle vene, per immaginare armonia e bellezza, per disegnare oggetti, riempire spazi, dare una forma a quelle che per altri, apparentemente, potrebbe essere solo “cose”. Ma questo spirito non l’ho mai visto. Lo sento, so che c’è. Eppure non l’ho mai avuto di fronte. Non ho mai letto i suoi valori sui referti medici, dopo un prelievo di sangue. Ma so che è in me. Percepisco il suo andare, il suo battere e levare. Come una musica.
Ed è la stessa musica che sentivo la notte del 24 dicembre, mentre il corpo si rilassava, gli occhi cedevano alla stanchezza dell’attesa, piano piano si chiudevano e dentro scorgevo Babbo Natale planare dal cielo e avvicinarsi al comignolo di casa…
Mai una volta che sia riuscita a star sveglia e a sorprenderlo con le mani… sui pacchi. Ma so che c’era, so che c’è. E ci sarà anche tra qualche giorno.
E allora, auguri, amici.
Che la magia del Natale e del suo Babbo vi faccia ri-credere. Vi faccia tornare bambini, ingenui e poetici. Vi aiuti a togliere quel velo di cinica adultità che spesso non ci permette di cogliere l’essenziale delle cose e delle persone: il loro essere belle, in sé e per sé. Anzi, in noi e per noi.